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Etnografia

I SIC momento di incontro

Parlare di sigle e di leggi opportunamente varate,  in un luogo come quello della Valle di Scalve, ma questo vale anche per molte altre zone,   dove il territorio unitamente alla laboriosità ed alle infinite capacità della popolazione che vi abita, è fattore caratterizzante della storia locale,  può in qualche modo apparire, se vogliamo, quasi  irriverente. Non si può riassumere la storia e la “fatica” di una valle in una acronimo, appunto quello di S.I.C.; ma questo acronimo vuol riunire e raccontare di ambienti e quindi, conseguentemente, di storie, di “molte genti”,  addirittura di tutta l’Europa,  con una grossa attenzione anche ai territori a noi più cari. Vediamo allora di conoscere e spiegare questa “nuova ” e significativa sigla,  utilizzando direttamente le sintetiche ma esaustive note riportate sulla locandina di presentazione della mostra: Camminare nei Siti di Importanza Comunitaria, che ha vivacizzato in maniera significativa l’attività 2006 del CAI ed in particolar modo quella della Commissione Sezionale Tutela Ambiente Montano di Bergamo.  “I S.I.C. cioè i Siti di Importanza Comunitaria, sono aree di particolare pregio ambientale, definite addirittura da una “Direttiva Europea” chiamata “habitat 92/43/CEE”, emanata il 21 Maggio 1992, attraverso la quale , l’Unione Europea intende contribuire alla conservazione della “biodiversità”, mediante la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatica, sul territorio degli stati membri. A tale scopo è stata creata una “rete ecologica” europea denominata “Natura 2000”. I S.I.C. individuati nella Regione Lombardia sono ben 179; (riguardano anche aree di pianura) nove dei quali sono presenti nel Parco delle Orobie Bergamasche. Il più esteso di tutta la Regione Lombardia è il Sito di Val Sedornia -Valzurio – Presolana.

Il Progetto del CAI Bergamo “Valorizzazione dei S.I.C. nel Parco delle Orobie Bergamasche si propone di sostenere e diffondere la cultura della salvaguardia e della valorizzazione delle Aree Protette; sostenere e diffondere il concetto della tutela della Biodiversità quale irrinunciabile patrimonio comune; favorire la “Ricerca” diretta sul territorio; selezionare, proporre e valorizzare “Itinerari escursionistici mirati; favorire la valorizzazione e/o il recupero di specifiche “rilevanze ambientali e culturali”;  favorire attività di “educazione ambientale” e di accompagnamento escursionistico.” La mostra, di carattere fotografico-descrittivo con illustrazione di percorsi escursionistici e con notazioni storico-geografiche-naturalistiche nonchè antropologiche sui S.I.C. nel Parco delle Orobie Bergamasche è stata inaugurata al Palamonti, la nuova sede CAI: il 25 Febbario 2006 edha prenotazioni anche per il 2007. Anche il termine “mostra” come l’acronimo S.I.C. può apparire per certi versi riduttivo: possiamo infatti gustarci le immagini, le descrizioni e tutte le attività collaterali di contorno, ma difficilmente possiamo renderci conto dell’attività di ricerca, di collaborazione e di contatto che ne ha reso possibile la successiva realizzazione. Questa mostra è partita da lontano e affonda le  proprie radici allorquando vi è stata la presentazione pubblica di “istituzione del Parco delle Orobie” (1982), e si riaggancia anche ad un’altro importante “momento comunitario” quello dell’anno internazionale delle montagne 2002, anno nel quale è stato presentato per la prima volta  l’opuscoletto sui S.I.C ed è stata realizzata la mostra” Montagna risorsa di vita: progetto natura 2000″. Collaborazione, dunque,  è stata la parola chiave e l’azione che ha costituito l’elemento caratterizzante di tale iniziativa. Solo attraverso di essa unitamente alle capacità di un considerevole numero di persone è stato possibile portare a termine questo lavoro: stiamo infatti parlando di quasi cento pannelli espositivi e di cinquecentocinquanta immagini commentate. Nei S.I.C rientrano anche la Valle di Scalve ed il Bosco del Giovetto di Paline per cui anni di ricerca sia “storica ” che “fotografica” sono stati “sintetizzati” in alcuni pannelli espositivi. Di questo dobbiamo ringraziare Maurilio e Giorgio, dei quali penso si possano omettere i cognomi, visto che entrambi unitamente ad altre persone fanno parte della “storia attuale” della valle; per loro un “grazie” sicuramente non basta e non li ricompensa delle innumerevoli galoppate solitarie per boschi e valli.

La mostra ha visto anche la realizzazione di alcuni “ateliers” ossia la presentazione di vari incontri a carattere tematico. Il primo è stato attuato il 4 marzo, ancora presso il Palamionti ed aveva per titolo: “Il passato rivive nel presente” – Il lino in Valle di Scalve: dal seme alla tessitura – Testimonianze, canti della tradizione e laboratorio dimostrativo; su iniziativa dell’ Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota” e del Museo Etnografica di Schilpario. Anche in questo caso le brevi e sintetiche righe di una locandina non lasciavano trasparire l’effettiva emozione ed anche, perché no,  commozione, della quale è stato testimone il numeroso pubblico presente. Con la coordinazione di Bendotti Susy,  le signore: Maddalena, Gigliola, Cristina, Rosanna; Stefania, Elsa, Teresina e Rosanna, hanno spiegato, come dal seme si giungeva alla filatura ed alla  successiva tessitura del lino: un lavoro che si protraeva per  un anno intero attraverso una sequenza di ben trenta operazioni. In un pomeriggio si è rivissuto uno spaccato di vita che sembrava ormai cancellato dal tempo, canti e manualità hanno scavalcato di colpo vari secoli,  riportandoci ad una lontano passato, dove ancora la collaborazione fra persone portava poi ad un risultato concreto. Da un quadernetto di una delle operatrici, inoltre , si sono letti alcuni passaggi della lavorazione dell’esile pianticella. Gli appunti erano stati scritti addirittura durante il periodo della scuola elementare, in modo inoppugnabile e preciso; gesto che la dice lunga sulla precoce intraprendenza di queste “donne”,  che anche da piccoline pensavano al proprio futuro ed alla propria famiglia: si è trattato di un momento particolare e forse, ripeto, anche perchè non vi sono altri termini,  di “personale commozione” per ogni singolo spettatore. Con la certezza che queste poche righe non rendono testimonianza di quanto “trasmesso” in quel pomeriggio, non rimane che sperare in un arrivederci, magari in valle, per continuare in mille altri modi, questo tipo di esperienze.

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