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Storia

Non esistevano confini

LE ORIGINI

Il territorio bergamasco, sia di valle che di pianura, ha conosciuto in successione, tutte le classiche fasi della preistoria, dal paleolitico in poi. Questo è dimostrato da ritrovamenti avvenuti nelle grotte poste lungo gli itinerari di risalita delle nostre valli: come a Clanezzo, Rota Imagna,Vigano S. Martino o su tutto il crinale del monte Misma o del Trevasco. Non mancano neppure situazioni di eccezionalità come il ritrovamento a Casale di Albino, (area di collegamento fra Val Cavallina e Val Seriana) di due pozzi per la captazione dell’acqua risalenti al   Neolitico inferiore (V millennio a.C.),  costruiti con buona tecnica, che lascia intendere come i nostri antichi predecessori conoscessero precise nozioni di idraulica. Antenati i quali non temevano neppure le asperità del territorio, dimostrando attitudini sicuramente “alpinistiche” se consideriamo i ritrovamenti al “Coren Pagà” di Rogno (Lovere): un’alta rupe al di sopra della quale sono stati ritrovati reperti del IV millennio (Neolitico del vaso a bocca quadrata) nonché tracce di frequentazione nell’ età del Rame, del Ferro,  tardo romana ed anche altomedioevale.

NON ESISTEVANO CONFINI

Gli abitanti del territorio bergamasco non hanno mai temuto i propri confini naturali. Sono stai ritrovati reperti archeologici nei pressi dei principali “guadi” del fiume Brembo e  del fiume Serio, come sono in fase di studio le incisioni rupestri poste a duemila metri di quota, recentemente rinvenute sulle alte praterie del crinale orobico valtellinese o sul territorio circostante al rifugio Calvi e Longo che avranno notevolissime ripercussioni sulla nostra storia più antica,  nonché in Valle di Scalve: a dimostrazione che non potevano sicuramente mancare scambi culturali con la Valtellina, la Valcamonica ma anche probabilmente con l’inero arco alpini a partire da noi sino ai territori del Mon Viso. Altro dettaglio non indifferente che forse lascia aperto sicuramente qualche enigma, è ad esempio, il ritrovamento a Parre (Val Seriana) del famoso “ripostiglio del fonditore”  ( V secolo a. C.) un pozzetto coperto da lastra in pietra. Il pozzetto conteneva trentacinque lingotti in bronzo, e duecentotrenta reperti frammentari, ancora in bronzo, riguardanti oggetti ornamentali. Il bronzo è una lega composta da rame, reperibile probabilmente nei giacimenti del Monte Trevasco o in Valle di Scalve ma non così possiamo dire per lo stagno: con molta probabilità importato da altri territori. Non è  comunque un caso che a Cene, inglobato in un muro perimetrale, si possa ammirare il così detto “piputì” ossia una statuetta di un bimbo in fasce, di probabile origine etrusca, o che ancora a Parre siano state rinvenute, perché utilizzate contemporaneamente, sia monete galliche che romano repubblicane. Vi sono comunque altri enigmi si in pianura che in valle non ancora  studiati che sicuramente amplieranno ancora di più il panorama storico/preistorico bergamasco.

DIALETTO

Altro segno tangibile degli scambi culturali con altri territori non è solamente rappresentato dal ritrovamento di oggetti ma da un patrimonio che purtroppo, gradualmente,  andiamo perdendo. Si tratta del nostro “dialetto”. A volte considerato ingiustamente come contesto di “cultura ristretta”,  questa  nostra espressione, comunque ancora poco analizzata, rappresenta un condensato, una raccolta, una registrazione orale di molteplici linguaggi condensati nel corso di millenni, dalle nostre genti, specialmente quelle di valle, legate ad una cultura “retica” come troviamo descritto nella ” Carta archeologica della Lombardia”. E’ stato da poco pubblicato il “Dizionario etimologico bergamasco”: l’etimologia, come si legge nella prefazione, è la scienza che studia l’origine delle parole, cioè la ricerca ….dei rapporti che legano una parola ad altre unità precedenti…. un lavoro etimologico, pur aspirando all’autenticità, rimane pur sempre un simpatico strumento di conoscenza, un glossario curioso dove si raccontano antiche “storie” di parole, utilizzando ora la logica, ora l’intuizione …Proprio da queste antiche storie si evince come il nostro dialetto rappresenta un condensato linguistico abbastanza particolare; un “vestito” o meglio un costume multicolore dove ogni tonalità è legata ad un termine ora greco, ora latino o celtico, o gotico, o franco , o inglese  o addirittura arabo….Inoltre la tradizione vuole che il nome del nostro capoluogo sia di derivazione gallica (invasione del V secolo a.C.) : Berg – Hem starebbe infatti per città del monte.

LA CITTA’ NUOVA

Il diffondersi della così detta “Cultura di Golasecca” caratterizza la fine degli insediamenti fondati tra l’età del Rame e l’ antica “età del Bronzo” e  condensa ” la capacità” imprenditoriale” dei nostri predecessori, i quali fondano una città nuova sui colli (VI secolo a.C. – epoca nella quale nascono anche Milano, Como e Brescia) , città la quale, con visione lungimirante, assume sin dall’inizio proporzioni che rimarranno praticamente inalterate in età romana, medioevale e post medioevale. Per le abitazioni preistoriche vennero usate in parte pietre locali, direttamente cavate sul posto, legate con argilla, le pareti erano intonacate, i pavimenti, dove vennero trovati i fori per i pali in legno che sostenevano il tetto, erano in lastricato o in concotto. 

I ROMANI

Conquistano il territorio bergamasco nel II secolo  a. C. Per loro si tratta di un distretto posto ai confini del proprio impero e ne sanciscono l’importanza sia strategica che  commerciale,  fortificando Bergamo con mura ciclopiche e costruendo ad Almenno, sul fiume Brembo, il così detto “ponte della Regina”. Le dimensioni di questa struttura erano ben oltre il notevole, ben otto arcate in muratura, coprivano la distanza fra le due sponde pari a circa 180 metri, per un’ altezza di venticinque metri per sei di larghezza e forse più, a giudicare dai resti che possiamo ancora oggi ammirare in sponda destra: il manufatto si conservò intatto sino ad un’altra data particolare per la storia dell’umanità il 1492, allorché una furiosa piena ne distrusse le arcate laterali. Dell’ impronta romana rimane traccia ancora oggi sia nelle architetture della città, via Gombito e via Colleoniinfatti  erano l’antico decumano romano  che nella campagne: dove venne posta in atto la così detta “centuriazione” ossia la trasformazione di vasti territori in poderi di eguale estensione, disposti a scacchiera. Tali confini caratterizzarono anche tutta l’ingegneria idraulica di pianura a tal punto che ancora oggi alcune rogge ed anche il così detto Fosso Bergamasco, ingloba al contempo ancora strutture romane e segue in parte l’antico tracciato delle centuriazioni stesse.

LA  CITTA’ CAMBIA ASPETTO

Il disfacimento dell’impero romano avvia il triste periodo delle invasioni barbariche, dapprima Visigoti ed Unni e successivamente i longobardi di Alboino,  nel 569, calano sul nostro territorio ed è proprio con loro che Bergamo assume per certi aspetti la connotazione attuale: infatti vengono costituite due “corti rege”, la prima posta nella “civitas” (Bergamo Alta) e la seconda nella “curtis  Margula” ossia nell’attuale città bassa. Anche se sotto la regina Teodolinda si vivono momenti relativamente tranquilli, il territorio attraversa  periodi di desolazione, ai quali specialmente per quanto riguarda i territori alpini, pone rimedio, gettando le basi per un nuovo sviluppo economico, la presenza benedettina: fenomeno probabilmente poco conosciuto e di conseguenza poco studiato ma  evento al  quale sono legate molte delle nostre tradizioni agricole e ancor più quelle casearie.

Le vicissitudini di Bergamo comunque continuano con i Franchi di Carlo Magno (773) e sotto l’irrequieto nonché contrastato  Berengario che nel 904 affida al vescovo Adalberto (ricordiamo la torre omonima in Colle Aperto) la giurisdizione della città, ponendo fine il governo dei conti a favore dei vescovi; è in  questo travagliato periodo comunque, che nasce la fiera di S. Alessandro, come centro di scambi commerciale ed è lo stesso Berengario che  rinnova le opere difensive di Bergamo e realizza nuovi canali per l’irrigazione delle campagne.

OLTRE IL COMUNE

Nel 1098 con la deposizione dell’ultimo vescovo-conte, inizia di fatto la seppur breve epoca comunale, caratterizzata dalla formazione delle “vicinie”, le cui legislazioni formarono la base delle leggi comunali. Tale periodo culmina nel 1230 con l’istituzione della “società del popolo” e l’elezione per sorteggio dei consoli e prosegue nel 1264 con l’elezione del primo podestà: Filippo della Torre. Siamo ormai vicini alle terribili faide scatenatesi fra guelfi e ghibellini.  Nel 1295 infatti i Suardi, ghibellini, chiedono aiuto ai Visconti per scacciare i Colleoni dalla città, ma non dal contado, che rimase saldamente guelfo. La situazione non si risolve neppure con la chiamata di re Giovanni di Boemia che governerà Bergamo per un solo anno: infatti nel 1332 Azzone Visconti riprende Bergamo e nel 1335 Barnabò Visconti costruirà la “Firma Fidelitas” meglio conosciuta come “Cittadella”. Un periodo di pace seguirà finalmente con l’ avvento dei veneziani (1426 per le valli – 1428 per la città) la cui presenza oltre ad un lungo periodo di pace vedrà l’imponente realizzazione delle mura (1561) quali ora noi le vediamo.

2012: NON ESISTEVANO CONFINI

Tutte queste vicissitudini hanno lasciato sicuramente traccia sia nella nostra storia economica che in quella dell’arte, della cultura e della politica. Per renderci conto di questo, ad esempio,  basta far riferimento al Dizionario Enciclopedico: Bergamo ed il suo territorio. Sicuramente non mancheremo di stupirci per l’intraprendenza unita all’intelligenza ed alla  determinazione dimostrate da molti personaggi descritti in questo significativo ed ormai introvabile volume. Come esempio possiamo magari citare eclatanti figure come ad esempio il Quarenghi: chiamato a San Pietroburgo in qualità di eccelso architetto o i Tasso che  in Italia ma ancor più in tutta l’Europa,  monopolizzarono la storia della posta moderna del tempo gettando le basi di un’organizzazione che dura ancora adesso. Ma vi sono anche storie apparentemente di “tono minore” come quelle dei portuali di Venezia o Dei “Camalli” di Genova che detennero per secoli il controllo delle merci nel  porto di questa importante repubblica marinara. Non certo per ultimi, occorre ancora e sicuramente far menzione dei nostri patrioti che senza esitazione alcuna affrontarono difficoltà di ogni genere perdendo anche la vita in nome di un ideale. Gli esempi sono moltissimi, ricordiamo ancora le transumanze dei nostri pastori coadiuvati dai loro magnifici cani, o in nostri valligiani che in tempi durissimi offrirono  il necessario per eseguire gli affreschi della parrocchiale di Valgoglio o dell’oratorio dei Disciplini a Clusone: opere che vanno sicuramente “oltre il tempo” o che ci portano addirittura nello spazio come di recente dimostrato da una ditta di Suisio che ha partecipato addirittura al progetto Vega. Ritengo che di questi tempi: decisamente mesti,  probabilmente dobbiamo trarre conforto e stimolo da tutto quanto descritto sopra, per affrontare l’incognita del futuro che purtroppo  appare sicuramente poco rassicurante.

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