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Etnografia

Le miniere della Valle Seriana

Le miniere della Valle Seriana Superiore si sono spente e con esse la tradizione più antica. A Lizzola sono rimasti gli imbocchi muti delle gallerie; a Gavazzo si possono vedere gli imponenti ruderi di un forno fusorio, al passo della Scaletta, sopra il rifugio Brunone, i resti di una baracca testimoniano il duro lavoro dei minatori; nella valle di Fiumenero vi sono solo resti di “reglane”, cioè forni per la torrefazione del minerale; sul Grem, sul Trevasco, in Belloro e a Costa Jels le discariche disseminate sui pendii si stanno lentamente rinverdendo. Delle “argentiere di Ardesio sono solo rimaste consunte pergamene; delle miniere di Gromo e Gandellino rimangono poche bocche cupe. La contrastata miniera di Novazza ha chiuso ancor prima che si iniziasse la coltivazione…

PREISTORIA – IL BRONZO

La scoperta dei bronzi di Parre, avvenuta nel 1883, in località Castello, è la prova inconfutabile della civiltà mineraria e siderurgico manifatturiera degli abitanti della valle di 3000 anni fa; l’attività mineraria è presente quindi sin dalla preistoria. E’ inoltre improbabile, se non impossibile che il minerale venisse importato anche perché il termine di “bronzo” usato nel passato, non identifica il bronzo attuale (stagno e rame) ma una lega di più minerali. Della stessa epoca sembrano essere le scorie fusorie ritrovate a Castione della Presolana sul pianoro denominato ancora, forse solo per coincidenza : Castello. E’ da sottolineare inoltre che sin dall’antichità, in tutta l’Europa, il lavoro minerario è stato sempre contraddistinto da una grande mobilità della manodopera, si può quindi ragionevolmente supporre che gli etruschi vennero nelle nostre zone, perché gli Orobi in precedenza avevano gia iniziato l’attività mineraria (lo dimostrerebbe la presenza di una scultura murata a Cene, il famoso “piputì” che risalirebbe alla presenza etrusca nelle nostre zone).

IN EPOCA ROMANA – I DANNATI A METALLA

Lo sfruttamento delle miniere al tempo dei romani è comprovato dal passo di Plinio il Vecchio (23/79 d.c) nella sua “Naturalis Historia” laddove si parla di “lapide aeroso, quam dicunt cadmiam” cioè della calamina, minerale di zinco utilizzato per la produzione del bronzo.

IN EPOCA ROMANA – IL FERRO

Circa la coltivazione delle miniere di ferro all’epoca, un elemento positivo ed indiscutibile ci è dato dalla nota lapide “armorum custodi” trovata secoli or sono vicino al palazzo comunale di Clusone. Da questa lapide risulta  dimostrata la presenza di un deposito di armi in quella cittadina, probabilmente fornite dalle antichissime fabbriche esistenti in contrada Goglio di Gromo.

LE ARGENTERIE

Tra la fine del X secolo e l’inizio dell’ XI   si consolida il potere vescovile sulla città di Bergamo e sul suo territorio, potere che determinerà le vicende dei secoli successivi, comprese le numerose controversie circa lo sfruttamento delle miniere in Alta Val Seriana. L’nteresse di quel periodo era infatti concentrato sulla galena: minerale di piombo con tracce argentifere presente nei giacimenti della zona.

NEL ‘400

La produzione tipica che contraddistinse per alcuni secoli la Valle Seriana Superiore fu quella delle armi da taglio. Dalla relazione del Lezze (1596) risultano operanti opifici ad Ardesio, Clusone, Gandellino, Gorno, Gromo, Ponte Nossa, Premolo, Valbondione e Valgoglio; questa  florida attività si interruppe bruscamente nel novembre del 1666, allorquando una piena del torrente Goglio distrusse la maggior parte delle officine. L’attività riprese lentamente e tra il 1770 ed il 1820 erano ancora in funzione le miniere di Manina, Flesso, Vigna, Collo, Sponda, Pizzo e Pomnolo. Durante le guerre napoleoniche l’attività ebbe una certa ripresa che si accentuò sotto l’Austria, il cui governo commissionò ai forni di Torre e Gavazzo la fornitura di munizioni per le artiglierie. Il ferro delle nostre miniere era di qualità eccellente ma lo sato delle nostre miniera era ancora deplorevole: mancando di una qualsiasi attrezzatura.

NEL ‘800

Si riprese la ricerca di piombo e zinco specialmente nella Valle del Riso.

IL XX SECOLO

All’inizio di questo periodo si incrementa l’attività delle miniere di ferro e si ampliano le ricerche dello zinco interessando anche le località di Monte Peghera, Monte Foppo, Monte Vaccaro e Sponda (Parre). Nel 1903 risultano attive le seguenti miniere: Monte Vigna (Fiumenero), Monte Manina, Monte Flesio ( Lizzola), Lanzini ( Bondione), Costa jels ( Gorno), Grem, Belloro (Premolo), Casa dei Conti ( Gorno), Monte Trevasco (Parre). Nel 1904 riprende la coltivazione della miniera “Brunona” e viene costruita una teleferica sino al Pian dell’Aser e ai forni di Gavazzo; nel 30 la “Brunona chiuderà definitivamente ed altre ne chiuderanno nel successivo decennio. Un nuovo impulso viene dato dal regime di autarchia: riprende l’attività di estrazione alla Manina che con una teleferica di 20 Km che raggiunge Darfo. Terminata però la seconda guerra mondiale l’attività delle miniere della Manina, sul versante della Val Seriana, s’interruppe per essere poi ripresa dalla Falk e cessare definitivamente alcuni anni dopo. La “Vieille Montagne” Le miniere di zinco, pur tra alti e basi, hanno invece un ulteriore impulso, dopo essere state cedute da una compagnia inglese alla società Vieille Montagne:  viene costruita la nuova laveria di Riso (Gorno) e rimodernata quella di Oneta mentre tutte le gallerie engono fornite di aria compressa per il funzionamento delle perforatrici. Si realizza anche una galleria che porta l’acqua del Riso al Ponte del Costone, dove viene realizzata una nuova centrale elettrica che si aggiungerà a quella sotterranea. Nonostante queste innovazioni le miniere passeranno di società in società sino agli anni 50 allorquando vennero cedute all’Azienda Minerali Metallici Italiani (AMMI). Nel 52 una lunga teleferica collega i cantiei dell’Arera con la laveria del Riso; gradualmente vengono chiusi i cantieri alti, ormai esauriti, per concentrare i lavori di estarzione nel “basso Riso”. Negli anni 70 si dà inizio ad una sistematica attività di ricerca in tutto il bacino di Gorno, con l’accertamento di milioni di tonnellate di minerale di zinco, tutto fa sperare per il meglio, ma alla fine degli anni 80 le miniere vengono chiuse definitivamente. Note: Ai primordi dell’attività mineraria, prima della scoperta della polvere da mina, si utilizzavano cunei di legno o di ferro, leve e picconi; dove e quando non bastava si faceva screpolare la roccia col fuoco (romani) o intasando le fratture naturali con calce viva.

I FORNI DI TORREFAZIONE

Sia il minerale di ferro che quello di zinco veniva “arrostito” in appositi forni per renderlo più friabile e più leggero, per facilitarne il trasporto ed infine per poter successivamente provvedere alla cernita.

LE LAVERIE

Mentre per il ferro si continuò con la torrefazione, per il piombo e lo zinco si utilizzarono le laverie, in esse il minerale veniva frantumato, poi macinato, quindi flottato con acqua e reagenti chimici, per seoarare il metallo dallo sterile.

L’ORARIO DI LAVORO

In montagna all’inizio si lavorava solo d’inverno per cui gli operai si portavano in sito ai primi di novembre e vi rimanevano sino a primavera. Solo negli inverni di scarse nevicate ritornavano in paese per le feste natalizie ed in poche altre occasioni. Solo nel secolo scorso si passò all’escavazione durante tutto l’arco dell’anno su tre turni di otto ore.

IL SALARIO

Inizialmente il lavoro era a cottimo, in base alle “misure” di materiale trasportato o in base ai metri di avanzamento, solo in casi particolari il salario era a giornata e comunque garantiva solo il minimo vitale per la famiglia. Non vi erano ferie e nessuna forma di assistenza.

LE TAESSINE

All’imbocco delle gallerie, nelle laverie e nei forni lavoravano anche le donne. Sui piazzali, alla “tavola rotante” o al “banco” con appositi martelli separavano il minerale dallo sterile; protette solo da rudimentali tettoie: d’inverno le loro mani diventavano pezzi di ghiaccio.

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