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Preistoria

Liguria, i culti delle vette, il Dio Pen

La curiosità porta lontano, mi aveva infatti interessato un libro a carattere archeologico che mi era capitato fra le mani per caso  “I culti naturalistici della Liguria Antica”. Tramite la casa editrice risalgo sino all’autore, al quale telefono per fissare un appuntamento; da allora tutti gli anni ci incontriamo per scambiare le reciproche esperienze. Le note seguenti rappresentano un succinto riassunto di questo ormai introvabile testo: un grazie dunque ad Italo Pucci di Genova, che, fra gli appassionati, ha  certamente una marcia in più per questo genere di studi. Nelle civiltà passate spesso la montagna era intesa come la dimora  delle divinità, in Liguria identificare i nomi locali di tali divinità è quasi impossibile per il fatto che queste zone subirono importanti influenze culturali da parte di popolazioni celtiche. Dagli studi eseguiti è comunque possibile stilare un elenco di divinità il cui nome è legato al culto delle vette:

  • ALBIORIX è per la Provenza il re delle cime (Alb, è un termine ligure, Rix, è un termine celtico); Baginus,Bergonia,Vintur, Alambrina: sono tutte divinità appartenenti al territorio francese. Baigus è il nome di una divinità alpina derivante dal Baigorix pirenaico. Penninus, invece è una divinità diffusa in tutto l’arco alpino (la radice Pen di origine ligure divenne successivamente termine romano utilizzato per indicare la cima più elevata del territorio – vedi Tabula Alimentaria Traiana e Tavola Peutigeriana).
  • MONTE BEGO (2873m slm): Nel suo comprensorio sono state rinvenute circa 100.000 incisioni, legate dapprima al culto del bovide (quale rappresentazione solare) e successivamente delle armi (simbolo del potere). Il nome deriverebbe da “Baigorix” dio pirenaico della lotta. La frequentazione di questi siti si estende dall’eneolitico sino alla colonizzazione romana.
  • MONTE BEIGUA (1287m slm): L’origine del nome sembra la medesima di quella del Bego. Le molteplici incisioni rupestri sono legate al culto  di varie divinità. Sulla sua sommità è stata ritrovata una testa di ariete sbozzata in arenaria; tali manifestazioni si trovano anche nella cultura paleoveneta.
  • MONTE ERMETTA (1267m slm): Propaggine del Beigua, prenderebbe il nome da un altare dedicato ad Ermete o Mercurio.
  • MONTE TARINE’: Propaggine del Beigua, (Olba S. Pietro) deriverebbe il nome dalla divinità celtica “Tarinas” dio del tuono e del fulmine (la montagna è spesso colpita da fulmini forse a causa  dell’abbondante presenza di rutilio).
  • MONTE COLMA (856m slm): Si eleva presso Rossiglione (Alessandria). il termine “culmen” era spesso riferito ad una vetta predominante. Il toponimo ha dato adito a ricerche e sulla sua vetta si è trovata una pietra sbozzata in forma circolare accostata ad un masso lavorato in forma di soglio con sedile a forma trapezioidale; presso questi due massi se ne trova un terzo con inciso alcune coppelle.
  • MONTE ANTOLA (1597m slm): Presso l’abitato di Torriglia, lago del Brugneto. Sulle sue pendici troviamo il piccolo borgo di Pentema, toponimo che deriverebbe dalla divinità celtica di nome Pen, sono pure da correlare con tale antica popolazione la presenza di alcune case cosidette “celtiche” a causa della loro forma costruttiva: tetto in paglia delimitato da gradoni. Altri luoghi dove troviamo tali abitazioni si trovano ad Alpicella (Varazze) mentre in Italia erano note le case del modenese, del bellunese e del cuneese.
  • MONTE PENNA (1749 msl): Da questo gruppo nascono parecchi corsi d’acqua (Aveto, Nure, Vara, Ceno, Penna) importante attributo di una montagna sacra. sulle sue pendici, sono avvenuti sporadici ritrovamenti ascrivibili al neolitico ed alla presenza romana; ma di particolare troviamo tracce di vie intagliate nella roccia, prive di ogni funzione di transito. Sulle sue pendici troviamo il paese di Amborzasco derivante dal celtico “ambros”. Col termine di “ambrones” i liguri denominavano se stessi al tempo dei romani. In Liguria compaiono spesso montagne e località il cui nome contiene la radice “pen” relativo al culto dei liguri verso il dio Pen, che a loro volta i romani assimilarono a Giove. (Poenio, Iovi Poenio, Iovio Optimo, Maximo Poenino).
  • MONTE ALFEO (1631m slm): Durante uno scavo, sulla sua vetta fu rinvenuto un bellissimo bronzetto votivo. Il nome stesso della vetta riporta alla sacralità della radice della lettera “alfa”, che significa: primo, inizio, fonte.
  • MONTE PENICE (1460m slm): Anche sulla vetta di questo monte fu trovato un bronzetto votivo.
  • MONTE DRAGNONE (1011 msl): Tale monte si trova sulla via di percorrenza di antichi itinerari commerciali che legavano i liguri agli insediamenti costieri etruschi. Al santuario posto sulla vetta si effettua  il giorno 8 settembre un pellegrinaggio interregionale che ci riporta a rituali celtici (come avveniva sul monte Dego – resti di cella monastica risalente ai tempi della prima cristianizzazione). Sulla sua cima sono state rinvenute fibule ed abbondante materiale ceramico (V-III aC) che farebbe ritenere il sito come luogo di culto delle vette. L’area è importante dal punto di vista archeologico per la presenza dei castellari di Zignago e Vezzola e per il ritrovamento di una                  statua stele.
  • MONTE BURELLO (1089m slm): Antiche leggende hanno portato alla scoperta sulla sua vetta di un banco di arenaria inciso con coppelle e di un’altro grosso masso  di forma cubica sostenuto artificialmente da altre pietre.
  • MONTE SAGRO (1749m slm): Su di una vetta secondaria è stata rinvenuta una edicola rappresentante Giove, Ercole e Bacco, la scultura è stata distaccata e posta  nei locali dell’accademia di Belle Arti di Carrara.

IL CULTO DELLE ACQUE

Come per le montagne e per le rocce, anche i culti delle acque e degli alberi sopravvissero a tutte le religioni. Nel concilio di Tours del 567 si riconosceva che la figura di Cristo nelle alpi era ancora praticamente sconosciuta e si invitavano i religiosi a scacciare le persone che si dedicavano al culto delle pietre, degli alberi, delle fonti o di altri luoghi designati come pagani. Lo stesso argomento viene poi ripreso nel documento chiamato “ Admonitio Generalis “ di Carlo Magno del 789; dobbiamo comunque ricordare  che l’usanza attuale dell’addobbo dell’albero di Natale , che nulla ha a che fare con la natività di Cristo, più verosimilmente si riallaccia ad antichi riti propiziatori legati alla primavera.

  • BORMAN: (Bormanus in latino, derivante da borm: caldo; o fango – inteso come sorgente termale, in paleo ligure) è riconosciuta  come la più importante divinità delle acque dell’intero arco alpino. Bormanus diede il nome a numerose località sia della Francia che della penisola Iberica nonché probabilmente in Italia a Borno e Bormio.
  • NETTUNO: prima di venir consacrato a divinità del mare, lo era in genere delle acque fluviali. Un’ara a lui dedicata è stata trovata a Borgo San Dalmazzo (Pedonia per i romani) per cui si ritiene che le aree interessate da questo culto fossero quelle dello Stura del Gesso e del Vermegna. L’ara è ora conservata nel Seminario Maggiore di Mondovì e riporta nomi non ancora romanizzati di alcuni pescatori.
  • ERIDANO: in questo caso la divinità si identifica, almeno secondo la mitologia greca, con il corso del più importante dei nostri fiumi: il Po, le cui sponde erano abitate dai liguri prima  e successivamente da celti.
  • LE NINFE erano divinità contemporaneamente legate sia al culto delle acque che dei boschi. Di esse si trova traccia su di un tondo in marmo di Carrara dedicato alle Naiadi, Ritrovato a Velleia; cittadina presso la quale si trovano fonti solforose o saline con proprietà terapeutiche. Anche presso Carrara venne ritrovata nei pressi di una confluenza fluviale, un’arula risalente al I° secolo a.C. che ci dimostra la diffusione delle ninfe anche nell’area romana di Luni.
  • MINERVA: nella bassa Val Trebbia , presso Travo, (la Trivia Romana) troviamo riferimenti del culto a Minerva, infatti sono stati rinvenuti presso la chiesa di S. Maria una ventina di cippi e lapidi dedicati alla dea per grazia ricevuta. Secondo alcune prospezioni archeologiche il tempio dal quale pervenivano era ubicato fra Travo e Rupe di Caverzago, presso la confluenza del Trebbia e del torrente Dorba.

Notevole la presenza sul massiccio di Pietra Perducca, sempre vicino a Travo, di coppelle, canali, vasche e vaschette di ogni dimensione, risalenti all’epoca del bronzo, tanto da far pensare ad un primitivo santuario preistorico legato al culto delle acque poi sostituito dalla chiesetta di S. Anna

I BOSCHI SACRI

Nell’area di Diano Marina, tramite le indicazioni della “Tavola Peutingeriana” si può localizzare il bosco sacro dedicato a Bormano, posto tra Capo Cervo e Capo Berta; anzi, si ritiene che Diana il cui legame al bosco è ovvio, abbia sostituito il primitivo dio indigeno nella sua forma femminile “Bormana”, dando origine al nome della località marittima. Ancora tramite al tavola Peuntigeriana, è possibile individuare un altro bosco sacro (Lucus) sul Melogno presso le sorgenti del fiume Porra che sfocia a Finale Ligure. Altre divinità legate al culto del bosco sono rispettivamente Robeone e Rubacasco (rinvenimento di un’ara a Demonte in Valle Stura); Silvanus, noto sopratutto nel Luneense, nelle cave apuane e nel nizzardo ed infine Apollo, ricordato in un’ara rinvenuta nella zona di Vallecrosia.

LE STATUE STELE DELLA LUNIGIANA

Sono sette tutte ritrovate in boschi di castagno (pianta già presente nell’eneolitico e nel Bronzo, con periodo climatico di tipo atlantico). Uno di questi boschi era la selva di “Filetto” dalla quale ci provengono ben undici stele; tale selva era denominata “compasquale” ancora nel XIII secolo: cioè luogo dove si celebravano i riti i riti tra diverse comunità amiche. Le tradizioni pagane erano ancora vive nel VIII secolo ed alcune sembrano si siano tramandate fino ai giorni nostri: come la sagra  di S. Genesio che si celebrava proprio nella selva di Filetto. Il tentativo di sradicare questi culti è evidente laddove le statue stele sono state ritrovate, sepolte o mutilate, all’interno di edifici religiosi cristiani.

In bergamasca lo studio dei toponimi non è molto diffuso anche perché non è di certo facilitato per il  fatto che il nostro dialetto è  un intreccio linguistico difficile da sciogliere. In alcuni casi si riesce comunque a ripercorrere una strada. Il toponimo forse più antico è quello relativo al monte Duno, posto nelle vicinanze di Zogno: si tratta di un insediamento gallico del quale, a causa della prresenza di abitazioni moderne, rimangono poche tracce. A nord di questo rilievo vi è il monte Castra:  in questo caso si tratta di un insediamento romano anticamente servito da un acquedotto che scendeva dalla Roncola e  del quale rimangono poche tracce. Abbiamo anche quattro luoghi denominati tutti come Monte Bastia: il più noto lo troviamo sui Colli di Bergamo anche se pochi probabilmente riescono a risalire ai connotati preistorici di questo ambiente. Cosa  abbastanza incredibile è rappresentato dal fatto che il  Monte Bastia di Scanzo conservi in parte ancora il vallo difensivo. Fra i toponimi più recenti, si fa per dire, vi è quello di Ruck, luogo  posto sopra Petosino. Questo termine è di origine gota e sta ad indicare un terrazzamento atto alla coltivazione, proprio come il sito che porta questo nome. Fra i termini più conosciuti vi invece quello di Bareck, probabilmente di origine celtica anch’esso. Il Bareck è un recinto in pietra costruito per porre al sicuro le mandrie. Troviamo molte di questi manufatti distribuiti in tutta la bergamasca e sui crinali montuosi valtellinesi. Il fatto abbastanza insolito è che su questi ultimi di fianco ai Bareck troviamo anche i Caleck: si tratta di muretti in pietra che venivano ricoperti con teli per proteggersi dal freddo e dalle intemperie. Valgoglio invece  è sovrastato dal monte dei Pagani sulle pendici del quale vi sono due baite con tale nome, il fatto che proprio al centro della valle lungo il sentiero che attraversa il torrente, abbia rinvenuto, dopo lunghe ricerche, alcune insolite coppelle di forma rettangolare sta ad indicare che anche da queste parti la preistoria ha lasciato il proprio segno: ma di questo forse un giorno l’altro ne parlerò più estesamente in un appropriato articolo. Vi sono altri due toponimi abbastanza ben celati ma che potrebbero aiutraci nello svelare il nostro passato.

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