Categorie
Articoli di storia dagli annuari CAI

Cippi di confine (pag. 178)

1996: dopo due anni di ricerche

Un sentiero ci può accompagnare nei luoghi desiderati, ma se lo vogliamo ci può condurre anche lungo il corso della storia o invitarci all’approfondimento di altre discipline. Gli indizi che possiamo raccogliere durante le nostre gite sono infiniti, ma spesso sono invisibili perché non si è abituati a riconoscerli o a ricercarli. Solo la costante attenzione e la raccolta capillare di informazioni ci può restituire un territorio per quello che realmente è, e non per come solitamente lo vediamo. Alcuni esempi, per forza di cose schematici, relativi alla ricerca Terre Alte, serviranno, almeno spero, ad aiutarci nel rendere diverse e più interessanti le nostre escursioni, anche le più semplici, cioè quelle che sono definite impropriamente di carattere familiare.

Zona di Gandosso – Santuario S. Giovanni delle Formiche (m 400-480) 

Questa porzione di territorio risente positivamente dei benefici influssi del Lago d’Iseo e per certi versi sembra di trovarsi in Liguria. Una facile gita ci conduce al Santuario di S. Giovanni, costruito sulle fondamenta di un tempietto romano, utilizzato anche come luogo di avvistamento a protezione degli accampamenti posti a Roncaglia. La costruzione ingloba anche un’antica ghiacciaia a volta. Lungo il crinale che ci porta a Gandosso esistono diversi cippi di confine, alcuni sono disposti lungo il sentiero, altri, a gruppi di due o tre, indicano un insolito frazionamento dei terreni. Le sigle riportate sono: C.C. o GLT. I cippi lungo il sentiero sono in arenaria mentre quelli confinali sono in marmo. Molto interessante è la cava di “Molere” posta all’inizio del pendio in località Fontanile. Il salto all’indietro nel tempo è immediato e l’impatto emotivo è senza dubbio forte, visto che il lavoro di scavo sembra sia stato abbandonato di colpo secoli addietro per inspiegabili motivi.

Monte Tomenone (m 300 – sovrasta Costa Mezzate) 

Questo modesto colle, abbandonato dalle vicende geologiche in prossimità della pianura, presenta comunque spunti storici di interesse. Certamente il Castello Camozzi Vertova (XII) con il suo caratteristico loggiato ed il bel giardino all’italiana unitamente alla monolitica torre (X) posta sul Colle Alto, richiamano e catturano l’attenzione. Sul Tomenone troviamo  tuttavia un altro insediamento fortificato di probabile origine romana, del quale sono visibili il perimetro delle mura ed una cisterna. Questi ruderi sono  raggiungibili percorrendo uno stretto sentiero aperto dagli alpini, sopra l’abitato di Montello. I romani avevano presumibilmente questa fortificazione per difendersi dalle invasioni che attraverso il Brennero potevano raggiungere i nostri territori attraverso la Valle Cavallina.

Nelle immediate vicinanze troviamo anche una sorgente alla quale la tradizione popolare attribuisce qualità terapeutiche benefiche soprattutto per gli infanti. Altra nota interessante è legata all’area compresa fra il Tomenone ed il Colle Alto: ormai rimboschita e del tutto impenetrabile. Questa zona essa era un’antica cava di arenaria, utilizzata nel corso dei secoli, per la costruzione delle case signorili di Bergamo. L’opera di scavo è stata curiosamente arrestata lungo il crinale di confine con Bagnatica. In questa zona è  presente un solo cippo in arenaria chiara con incisa la scritta C.A. rivolta verso il comune di Bagnatica stessa. Considerate le realtà storiche e naturalistiche di questi luoghi, potrebbe essere aperto un sentiero, certamente non senza fatica, sino a Brusaporto ed ancora oltre sino a Comonte dove una piccola chiesetta sorge nei ruderi del castello dell’importante famiglia dei Rivola.

Albano S. Alessandro: M. San Giorgio (m 416) Monti D’Argon (m 482) 

Una facile ma interessante escursione si può compiere salendo alla chiesetta di S.Giorgio, visibile dalla statale, per raggiungere poi la piccola abbazia benedettina di S.Maria d’Argon. I due edifici religiosi risalgono entrambi al 1200, il primo è stato completamente ristrutturato (forse fin troppo bene); il secondo, pur conservando interessanti affreschi, avrebbe bisogno di un corposo intervento di ristrutturazione. Alcuni roccoli, posti lungo il crinale, mettono un poco d’ordine nell’intricata vegetazione e favoriscono interessanti osservazioni naturalistiche delle specie botaniche presenti ai bordi del sentiero. La presenza di cippi di confine non è intuibile, occorre quindi una certa attenzione per scovarli. Ne troviamo tre, in calcare, con scritte diverse, uno fortemente interrato e ricoperto di muschio; un quarto, in arenaria,ben scolpito con incisa la lettera “S” da un sol lato, giace abbandonato fra cumuli di sassi presso la chiesetta d i S. Giorgio.

Interessante la presenza lungo il sentiero di un piccolo masso “erratico”, sulla presenza del quale e di alcuni altri ma di dimensioni maggiori parleremo più avanti.

 Monte Pranzà (m 1099)

 Il Monte Pranzà costituisce la naturale prosecuzione verso est del monte Misma.  La sua vetta è raggiungibile sia da Colle Gallo passando per Faisecco, o partendo da Prati Alti, dove possiamo ammirare il bellissimo roccolo Pezzoli, del quale troviamo traccia in antichi documenti del 1500. Il toponimo richiama i temi dell’insediamento umano nelle “Terre Alte”; Pranzà sta per falciato (pra  ranzà) , ed infatti parte del declivio posto a Sud è stato messo a pascolo probabilmente sin da epoche molto remote. Ricordiamo che il Monte Misma, essendo ricco di noduli di selce verde, permetteva all’uomo preistorico di costruirsi in abbondanza cuspidi di freccia o altri oggetti litici.  Il sentiero di crinale è abbastanza agevole, purtroppo percorrendolo nel periodo estivo si rischia di disturbare i rapaci sia stanziali che di passo. Andrebbe di conseguenza riattivato il sentiero rivolto a sud che attualmente, dopo aver raggiunto una sorgente, diventa impraticabile a causa della fitta boscaglia.  Lungo il crinale è stato costruito un casello da caccia ora parzialmente crollato; in questa zona ne esistono altri di analoga ed insolita fattura, uno dei quali, posto nei pressi della chiesetta di S. Maria, appare ancora, nonostante l’incuria: “miracolosamente” integro. La particolarità di queste costruzioni consiste nel fatto che la copertura del manufatto stesso è stata ottenuta con larghe piastre di calcare che in effetti non si riesce a capire come siano state estratte. I cippi sono posti lungo il crinale, a fianco del sentiero, alcuni sono perfettamente mimetizzati essendo ricoperti completamente di muschio, portano tutti la stessa sigla: C.S. uno di essi è in marmo, gli altri in arenaria.

Tutto il territorio nel 1300, da Trescore a Bianzano e da Cene e sino a Nembro era sotto il dominio dei Suardi, per cui è probabile che la sigla es. possa essere riferita alla loro passata presenza.

Prati Alti (m 800) 

Lungo il crinale che piega verso Trescore, superato un cascinale che incorpora un’antica cappella privata appartenuta ai conti Suardi, si incontrano inaspettatamente un buon numero di cippi confinali, attestati ai lati del sentiero, tutti in marmo, alcuni dei quali di dimensioni maggiori rispetto all’usuale. Non tutti giacciono nel sito originale, perché divelti durante gli scavi per il passaggio del metanodotto. Le sigle incise sono diverse e testimoniano di un notevole frazionamento delle proprietà, di conseguenza solo uno studio approfondito potrebbe illuminare sul come, sul perché e quando furono posti in loco. 

Monte Misma (m 1066)

L’escursione al Monte Misma non presenta grandi difficoltà, sia d’estate che d’inverno se ne può raggiungere la vetta, per godere di un panorama circolare di tutto rispetto. Ben altra situazione si presenta a colui che volesse svolgere uno studio approfondito di tale zona, al di fuori degli itinerari più conosciuti. Ho impiegato infatti due anni per percorrerne i sentieri più reconditi ed ormai in disuso, catalogando miniere e cave d’ogni genere, cascinali abbandonati, nascondigli per partigiani, forni per la calce e carbonaie, tutto sotto l’attenta ed amorevole guida del geologo Rocco Zambelli. Su sua indicazione e con l’aiuto di Martino Rivola, ritrovo, nell’inverno del 1993, non senza fatica, un’importante testimonianza del passato. L’aspetto storico e geologico sono infatti  accomunati in un grosso masso “erratico” abbandonato da lontanissime glaciazioni, nei boschi fra Abazia e Costa di Misma a quota 650 m.

Sul masso appare incisa la sigla CMAZ (interpretata poi come sinonimo di: COMUN MAGGIORE ALBINO,l’incognita rimane ancora sul significato della Z finale e sulla  croce. Nel corso di altre indagini, oltre ad un banco fossilifero indiscriminatamente vandalizzato, troviamo rispettivamente a 765 e 920 m di quota, altri due massi più piccoli ma con le stesse incisioni. Nel frattempo un contadino del luogo ci informa dell’esistenza di un masso analogamente inciso, parzialmente sgretolato, ma composto da calcare. Il mistero delle incisioni viene svelato l’estate successiva da Franco Innocenti che, ignaro delle nostre ricerche, trova comunque importanti riferimenti su antichi documenti appartenenti alla biblioteca del comune di Albino. Di testi ritrovati risulta che detti massi furono incisi attorno al 1351, alla presenza di notai e periti agrimensori, per porre fine a contese sorte addirittura nella seconda metà del duecento, fra i boscaioli di Albino ed i  monaci di Abazia, che per primi iniziarono la bonifica della Valle del Lujo.

Il documento fa precisa menzione dei 3 blocchi “silicei” (igninbrite) e del quarto in calcare. Il documento indica anche quale distanza (misurata in “cavezzi”) intercorre fra i vari cippi. Non meno interessante è comunque la vicenda geologica di tali massi. I primi di tal genere furono trovati nella zona di Como da uno studioso svizzero: le concrezioni marine depositatesi su di essi ed i fossili sparsi attorno datano la loro presenza a circa 25 milioni di anni fa, periodo nel quale un’antica glaciazione operò un massiccio trasporto di tali materiali, fino nelle nostre zone, prima ancora cioè che si completasse l’innalzamento del Monte Misma e delle cime circostanti. Altre indagini svolte con Zambelli  hanno spostato tale limite sino ai Colli di S. Fermo, nella Valle di Fonteno e sul Bronzane.

Tali massi si formarono dal consolidamento di lava fuoriuscita dalle viscere della terra 280 milioni di anni fa. Vennero quindi inglobati negli strati di calcare in formazione e furono poi rigettati all’esterno durante l’innalzamento delle nostre montagne. Alcuni, come abbiamo visto, furono utilizzati per il loro diverso colore, come cippi di confine, altri furono inglobanti in alcune strutture murarie, come è accaduto alla chiesetta di S. Maria del Misma, mentre uno è tuttora utilizzato come sedile alla “Ca Nigra” posta lungo il sentiero che sale da S. Ambrogio.

Purtroppo il primo dei massi ritrovati che era anche quello di maggior volume, del peso di circa due quintali  di peso è stato trafugato suppongo un’anno dopo l’uscita di questo articolo e non se ne più ritrovata traccia.

Quanti altriMan mano che ci addentriamo nelle valli, la presenza di cippi di confine diminuisce, testimoniando in tal modo una funzione ed una concezione del territorio diversa da quella della fascia collinare. Ne troviamo ancora, tutti in arenaria, sulle pendici del Canto Alto, a Salmeggia alcuni di essi ormai troppo interrati vengono sostituiti da meno estetici paletti in legno e ferro, in zona si trovano anche due semplici croci incise nella roccia, altri segni a croce si trovano nei boschi di Lavina in Val Taleggio, lungo una diramazione del sentiero principale della Val Parina, ed alcune molto belle in alta Val Sanguigno. Sempre sul Canto Alto ne troviamo uno sul sentiero che dalla Maresana conduce ad Olera, la sigla incisa è “F.B.”. (questo cippo non è più reperibile in loco) Altri due, con al sigla FGM, sono posti lungo il sentiero che conduce al Pighet, un altro a lato del sentiero lo troviamo nei pressi del Castello della Moretta sempre in Maresana. 

La Valle del Giongo ne presenta due, in arenaria, ben squadrati, con la sigla B ed S incisa rispettivamente su ciascun lato; facilmente individuabili, sono posti sul sentiero che conduce al Canto Alto. Altri due più modesti, con la sigla AFB, sono situati sul sentiero che porta ai Prati Parini. Contrariamente a quanto si possa pensare, non troviamo nessun cippo o croce lungo i pendii del Monte Ubione (salvo smentite. Ma ho guardato bene); la cosa può sorprendere, perché, nonostante l’asprezza dei pendii, la presenza dell’uomo e la sua opera di regolazione e sfruttamento del bosco è consistente ed è testimoniata dal capillare lavoro dei boscaioli. Anche la Valle Imagna, almeno dai primi sondaggi, pur presentando notevoli singolarità storiche (è stata da poco trovata una nuova grotta insediata in tempi preistorici) sembra essere esente da questo fenomeno. 

Per trovare un segno indicativo dobbiamo recarci al Passo del Grassello, dove un cippo di confine veneto ci rimanda a situazioni storiche ben conosciute. Per quanto riguarda la Val Taleggio ci può invece soccorrere il recente volumetto, frutto delle fatiche di Franco Radici.  A tal proposito è da ricordare che il più settentrionale di tali cippi, oltre a quello posto a Castel Reino, sul sentiero che conduce al Pizzo dei Tre Signori, ( dapprima trafugato, ricollocato  e poi scomparso definitivamente nel 2010) è quello posto a mezzo della cresta che dalla Val Biandino conduce alla costa di Palio in Val Varrone. Ecco così conclusa una cavalcata che dal Lago di Iseo ci ha portato quasi in Valtellina lungo la fascia prealpina delle nostre Orobie.

Adesso non rimane che addentrarci nelle valli più alte, dove altri mille sentieri ed altre vicende ci attendono, arrivederci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *